Controlli sanitari sui frontalieri

AFT contesta in maniera decisa la lettera del 22 Gennaio c.m. dove i principali partiti svizzeri, nell’ordine Alleanza di Centro, PLR, PS, UDC, Verdi e Verdi Liberali, chiedono al Consiglio Federale che si riunirà prossimamente, di provvedere a controlli sistematici in entrata alle dogane, verosimilmente mediante test rapidi da fare a turisti, professionisti e studenti.

Dette misure si applicherebbero anche ai frontalieri per i quali vengono proposti test rapidi da effettuarsi ogni tre giorni e da farsi verosimilmente in azienda. Ora, ovviamente, oltre alle dovute valutazioni di natura economica (chi paga?), non si può non prendere atto della natura velatamente razzista e discriminatoria del provvedimento.

Di sicuro una richiesta, quella inviata dai partiti al Consiglio Federale, che è frutto della gestione alquanto approssimativa, contraddittoria e sterile del Canton Ticino della pandemia, in particolar modo di questa drammatica seconda ondata nella quale non sono mancate forti critiche da parte dell’opinione pubblica e delle parti sociali. Un approccio che Bellinzona vorrebbe far passare per liberale ma che di liberale invece, a nostro modesto modo di vedere, non ha praticamente nulla, anzi.

Comprendiamo che il sistema federale che governa le elvetiche terre sia complicato da gestire laddove cozza con le indipendenze cantonali e, ancor più, con gli interessi finanziari di questi ultimi, ma di certo non è con misure populiste e discriminatorie che si possono arginare le conseguenze devastanti della pandemia in corso.

Condividiamo e facciamo nostre invece tutte quelle iniziative, alcune delle quali riconducibili alle sigle sindacali svizzere, di gestione coordinata delle fascia transfrontaliera e di chiusura di tutte le attività economiche “non necessarie” che, ovviamente, andrebbero debitamente ristorati con misure finanziarie.

Laddove invece queste non fossero applicabili e le attività produttive di ogni genere restassero operative allora tutti i lavoratori dovrebbero essere messi sullo stesso piano, arrivino essi da Lugano, Arcisate o Como, con stesse protezioni, controlli, regole e limiti.

Accanirsi con tre tamponi a settimana sul lavoratore frontaliere che, detto per inciso, già nel suo comune di residenza è sottoposto a misure molto più rigide di quelle applicate in Svizzera è pura demagogia a sfondo discriminatorio, ancora di più se il suo collega non lo sottoponi alle stesse regole.

Ancora una volta, una di troppo, emerge il volto populista dei partiti dell’estrema destra, quelli delle “pecore nere”, quelli del “prima i nostri”, stavolta capaci però, ed è questo il lato inquietante, di trascinare sulle loro posizioni anche verdi e socialisti, tristemente appiattiti sul populismo più becero.